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Gay & Bisex

029 STUPRO DI CLASSE


di CUMCONTROL
16.10.2024    |    11.174    |    12 5.2
"Vedere un uomo, forte, possente, piegato sul proprio pisellino a succhiarmi con l’acquolina, guarda..."
Ricordo davvero pochissimo di quella notte.
Faceva freddo, correvo veloce tra le frasche del bosco, con indosso la mia felpa mentre di sotto ero nudo, con il cazzo che mi ciondolava e sapeva di saliva…
Correvo a perdifiato e mi voltavo di tanto in tanto mentre i tre uomini correvano più veloci di me con quella loro agilità predatoria.
Correvo, e portavo le mani al petto, pregando iddio che mi fosse dato scampo. Non volevo quell’abominio che mi aspettava.
Poi l'inciampo. Una maldetta radice ritorta mi fece rovinosamente capitombolare tra le foglie. E fu lì che la mia corsa finì.
Fui acciuffato. Due di loro mi sollevarono in alto ciascuno tenendomi per l'ascella e per un braccio. Fu lì, che a braccia spalancate sollevai una gamba e mi sentii come vittima sacrificale per essere gettato nel fuoco.

Fui riportato indietro verso il furgone da cui ero riuscito a scappare. La porta del mezzo si aprì ed io, sempre tenuto in alto come la Lorella, vi fui scaraventato nuovamente dentro.
Fui selvaggiamente picchiato ed io come una saetta mi difendevo.
Fatto sta che per placarmi, uno di loro ebbe cura di riacciuffarmi per i capelli e aprirmi la bocca con le sole due dita. Quindi tirò fuori il dragone e vi pisciò dentro nella mia gola.
Vi pisciò na mezza litrata di piscia che io affogai per tutta quella sua sovrabbondanza.
Infatti mi calmai e a gesti feci capire che mi arrendevo.
Fui denudato del tutto. Fui crocefisso al pavimento. Due di loro mi schiacciarono le braccia sotto i loro piedi per tenermi ben fermo.
Devo dire che i loro sandali lordati e le loro calze amabilmente fetide, erano davvero molto interessanti.
Il terzo, sto stronzo, volle invece riprendere la leccatura del mio povero pisello che aveva interrotto per via della mia fuga.
Smisi di piagnucolare e interruppi pure di strillare. L’uomo alitò sul mio pisello, vi ruttò sopra, lo annusò e poi, quasi con dolcezza prese a succhiarmelo.
Dal basso osservavo le figure maestose dei due individui che mi tenevano ferme le braccia.
Io giacevo immobile sotto il loro grossi piedi.

Ormai ero sotto smacco e potevo però solo morire.
Quel mostro succhiava il mio cazzo moscio.
Poi accadde qualcosa di strano, di insolito. Mai avrei potuto pensare che io... Stavo andando...
E' dura da dirsi....
Stavo andando in erezione
In erezione! Capisci?
Si, erezione!
Io… a me …a me che mai mi sarei sognato di arraparmi per un bocchino ricevuto.
No vabbè. Io?
Cioè quello mi succhiava, e io in erezione?
No, ma che schifo era!
Cioè, io, che non mi ero mai fatta na pugnetta in vita mia? Io che se sborravo lo facevo per via culo.
Ma allora io...
Cioè io potevo chiavare potenzialmente culi?
No, dico, culi???
No vabbè e la mia identità allora?

Mio padre non voleva che mi facessi le pugnette.
Per lui era qualcosa da maschio, e lui non mi voleva maschio. No.
Manco femmina per la verità.
Mi voleva come qualcosa di autenticamente inanimata.
Infatti mi chiamava Latrina di papà mentre mi sturava la viscera col suo gran cazzone.
Ma questa è un’altra storia che riguarda me, la mia famiglia e la mia psichiatra.
Voi non capireste.

Comunque scusate la digressione triste. Torniamo a me dentro il furgone, che giacevo immobile e col cazzo eretto.
Quel porco succhiava e di tanto in tanto si bagnava la mano di saliva.
Chino a succhiare, lui si calò brache e mutande, cosa che mi fece inorridire per presagio di qualcosa di osceno che presto sarebbe avvenuto.
Gli altri due colavano saliva sul mio visino, e pare che tra i due vi fosse in corso un’accanita Challenge si direbbe oggi, no? Una gara insomma una disputa silenziosa per chi totalizzasse più sputi calati dritto sui miei occhietti gentili, mentre quello là mi sbocchinava.
La mia psichiatra mi chiede sempre quanti anni sono trascorsi per metabolizzare l’esperienza.
Ma guarda, io trovo da sempre molto eccitante essere sputata in faccia, urinata in gola, sborrata nella recchia e per quanto mi riguarda pure ruttata in faccia, se gli uomini me lo chiedono.
Ma essere sbocchinata te prego passo. Non è cosa per me guarda. Quanto ho sofferto? E’ stato un trauma. Vedere un uomo, forte, possente, piegato sul proprio pisellino a succhiarmi con l’acquolina, guarda. Non c’è più creanza in niente. Uno schifo. Stavo proprio disgustata.
Io capisci? Io che mi ero sempre vista la cerbiattona tutto d’un pezzo. La bestiolina tanto mai gentile da massacrare nel bosco a botte di cazzi.
Trovarsi così, ignuda, sola dentro un furgone, con tre orchi di cui uno dei quali bocchinaro, no vabbè.
Posso dire? Lo schifo.
Lo schifo.

Sennonché, quello schifoso, si era un pochino rotto il cazzo di succhiarmi il pisello.
E sapete che fece?
Si alzò, guarda, se ci penso… Si alzò, era tutto incasinato che voleva togliersi calzoni e mutande in tutta fretta. Proprio ci aveva l’ansia. . Poi?
Poi fece una cosa orridissima. Si sputò nella mano, se la passò tra le chiappe e fece che acquattarsi sul mio cazzo come se dovesse caca'.
Mi afferrò il pisello e strofinò la cappella attorno all'ano.
Ammetto che sentii solo il soffice tocco della pelle. Non un pelo, non una frizione allo strofinìo.
Se non altro la cosa mi rassicurava riguardo alla totale assenza di tarzanello.
Tu pensa fossi stato in Francia per dire, no?
Insomma, gli ungheresi conducono una buona igiene intima.
Insomma quello si mise a fare un lungo sospiro e si mangiò il mio pisellino duro e lo fece con il culo.
L’ingresso nel suo ano si realizzò non senza difficoltà. Ci furono degli impedimenti dilatatori da parte del tale, il che mi fece ben sperare riguardo la saltuarietà di quel suo capriccio.
Cosa vuoi, un maschio ungherese che svanga passere tutto il giorno e distrugge culi alla sera…
Ma vuoi che non gli venga il prurito di tanto in tanto di ficcarsi un pisello in culo?
Ci poteva stare dai.
Di conseguenza rivalutai per un momento quell'individuo.
L'inconveniente che si incontra però nello scopare un maschio attivo, sta forse, in una certa loro sottovalutazione dell'importanza che ha l'uso della peretta.
L’ho detto.
Infatti, costoro, ignorano quanto tempo noi passive impieghiamo per una profilassi del buco del culo.
Non dico che avesse il retto sporco. No.
Ecco, magari noi arieggiamo sovente la trippa prima di darla via e comunque mai senza peretta.
L’attivo non ci pensa proprio. L’attivo, se decide di dare il culo, è un terno all’otto.
Si sarà ricordato della peretta?
Sa che si fa la peretta?
Il tale, cioè il mio fustacchione, iniziò a muoversi acquattato su di me, col mio cazzetto metà dentro e metà fuori.
E bene. Io sono stato avvampato da na zaffa di cesso, sfiatata da un lembo del suo buco di culo.
Insomma più entrava il mio pisellino e più cacciava aria quello lì.
Lui? Lui se strafotteva altamente della figurona.
Cazzo mai gli poteva interessare di sfiatar dell’aria dal buco culo.
Lui voleva solo godere, e fotteva na sega a lui se io piagnucolassi, gridassi, godessi o provassi imbarazzo per lui per la soverchisnte zaffata di cesso che gli usciva di sotto.
I due se la ridevano. Tra uno sputo e l’altro cercavo di mettere a fuoco la vista di quel maschio che stava godendo per mezzo di un mio pezzo anatomico. Sembrava come assorto, si muoveva lento tenendomi per il costato e guardava nel vuoto, a testa china, mentre dal labbro inferiore si allungava una lunga scia di saliva.
Mi soverchiava come se mi stesse cacando sopra, ma in realtà ero io ad essergli dentro e vederlo così, indifeso, imponente con quella sua muscolatura delle spalle, delle braccia e del petto che prominente si intuiva sotto la sua maglia nera e consunta.
Era bello. Era roseo, in estasi. Era l’orco buono.
Muovendo su di me quell'uomo mi apparve subito interessante, e l’odor di fogna svanì.
Aveva due o tre giri di collana d'oro attorno ad un collo equino. Ecco.
Le collane ciondolavano e lui ruggiva, salivando.
Poi notai - non so se questo capita a molti - ma notai che il suo tubo digerente entro cui stava il mio piesllino era… come dire… era assai unto.
Questo consentiva certamente un eccellente scivolamento del mio pisello.
Senza quasi accorgermene gli conficcavo il mio pisello su per il culo dando dei gran colpi di reni.
Maschia ero. Maschia. Io stavo a fottere un uomo.. più la sua trippa era unta più ci avevo voglia di risalirgli l’intestino per farci il nido.
Lui si schiantava su di me e io gli sbattevo in fondo al culo tutta la mia perseveranza carnosa.
Ero ebbro, irrorato, gonfio e non capivo.
D'un tratto mi sentivo vivo, feroce, esaltato... Prepotente.
Fu così che nella sbattitura io gli sfiorai le rotondità dei glutei con le palme aperte, intimidito forse dai timidi sbuffi del suo buco di culo. Scorreggette, niente di che, ma ormai era dilatato.
Ma poi mi feci forza, a schiaffo afferrai le natiche, e mi prodigai come uno sbattitore elettrico pronto a fargli scacazza' l'anima.
La bestia curva su di me, col suo collo equino serrato tra gonfi deltoidi vestiti di maglia, prese a ruggire ed io mi sorpresi di quella energia maschia verso cui andavo a fondermi.
Lui ruggiva. Intesi che nella cavalcata vi fosse dunque un altro modo di manifestare i piaceri del culo.
Io al suo posto, ad esempio, avevo l'abitudine di strizzarmi le tettine, di sfiorarmi i capelli manco fossi abbella proprio, con tanto di messa in piega. Una sciantosa. Una venere cosi porca, ma fine.
Insomma io da passiva mi facevo femmina mentre lui no, restava maschio.
No. Quello ruggiva, e con lui ruggivo anch’io.
Ruggivo dandogli dei gran colpi di reni in fondo al culo e sotto le cosce da gorilla io lo stavo trapanando un maschio sturandogli anni e anni di desideri sporchi.
Poi mi sentii in pericolo. Il cuore mio impazziva. La testa mi pulsava e sentii un prurito violento di piacere che mi risalì dal ventre.
Fui devastato da un scossa elettrica. Il mio cervello schizzò. Tutto di me schizzò sperma . Scaricai nella sua stoppa torbosa di viscera sotto la potenza sovrumana dei miei testicoli.
Poi mi spensi... Insomma, mi placai ma il cuore batteva ancora.. Avevo le lacrime agli occhi.


Lui, sempre acquattato su di me, sollevò allora lo sguardo, fissando gli occhi dei due coadiutori che s’erano divertiti a guardarci. Uno dei due si accese una sigaretta.
Lui, sempre lui, poggio le grandi mani sulle ginocchia e si sollevò. Si sfilò dal culo la mia minchia ancora dura.
Poi, si diresse in un angolo del furgone, si piegò di nuovo, si acquattò e serrò i denti fino digrignare.
Spinse, scaricò a schifo il mio seme che dal buco del culo fu schiantato insieme a un po' di altre cose un po’ grumose che non voglio pensare cosa fossero.
Si passò le dita in culo, le portò alle narici e fece un gesto di disaccordo con la testa.
Guardò un attimo i due, che fecero una espressione di disgusto.
Poi si chinò, a raccogliere una coperta di lana già di per sé tutta inzaccherata, buttata a cazzo in un angoletto del furgone.
Con essa si asciugò il buco del culo, strofinandosi un po' a cazzo, ma sempre con aria molto compiaciuta.
Però era bello. Un bellissimo esempio di virilità ungherese nonostante il puzzo di gabinetto in quel furgone .
Era enorme, viso sanguigno, gran bel cazzo, sebbene tenuto floscio per tutto il tempo della inculata ma che peccato.
Pareva però disteso in volto, rilassato nelle membra e sembrava gentile negli occhi.
Con gli altri dimostrò una cortesia rudimentale nel manifestare una certa gratitudine, senza i quali non avrebbe potuto perorare gli appetiti sugosi del proprio buco di culo.
Prima di uscire con gli altri, lui mi guardò. Io stavo ancora disteso e io lo guardai, tenero.
Gli accennai un sorriso dolcissimo.
Ruttò.
No vabbè.
Poi segui gli altri e scese per ultimo dal furgone.
Ebbero cura di lasciare aperta la grande portiera laterale del mezzo, per osservare le esigenze del buon arieggiamento dell'abitacolo, sul cui fondo giacevano inanimati gli stracci, le scarpe, le pezze da culo per i lunghi viaggi, gli spruzzi della post chiavata, e infine io.
Giacevo così, svilito e forse un po’ appagato. Ero però cosa inanimata come tutte le povere lordate cose in quel furgone.
Credo che per me fu giunto il momento di dire qualcosa al tale. D’altronde era lì fuori con gli altri due a fumare.
Forse avrei voluto abbracciarmi a lui, preda della sindrome di Stoccolma, forse, o preda di un immenso desiderio di dargli un bacino.
D'altronde lui mi aveva reso più maschio. Un uomo. E se oggi torme di uomini trovano in me il maschio che tutti vorrebbero fare, lo devo a lui.
Allora mi alzai, loro mi guardarono, lui mi guardò.
Avanzai verso l'uscita e lui, il mio boy, degno di forza virile, richiuse furiosamente la porta e io mi ritrovai sbattuta sulla lamiera mentre fuori echeggiavano tante risate e scuregge.
Guarda le maniere proprio.
Poi il motore scoppiettò, fu mollata la frizione e partimmo veloci.
La guida fu quella di sempre, e venivo sballottolato ora tra le scarpe vecchie, ora sulle pezze da culo, ora sulle violenti chiazze di merda scaricate a cazzo da un buco di culo.
Tenacemente lordata, tornai nella mia routine, ossia strillai.
Fanculo al cazzo. Il mezzo correva, sbandava, curvava, oscillava, prendeva buche e io strillavo protestando e supplicando di andare più adagio che a me proprio mi veniva da rovescia'.
Una notte intera viaggiammo, prima della destinazione ultima del mio viaggio ungherese.

Presto accaddero eventi ancora più terribili, che mi segnarono per sempre...
Per sempre.







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Questo racconto è tratto dalla saga
HUNGARIAN RHAPSODY
Autobiografia di un libertino.

CUMCONTROL 2024
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